lunedì 12 gennaio 2009

Scuole medie, le peggiori del sistema scolastico ma il ministro non se n'è accorto

di Roberta Lerici

Ho scritto spesso che la scuola media italiana è la peggiore del sistema scolastico e che nessun ministro ha mai fatto nulla per migliorarla. Non c'è, infatti, alcuna continuità fra il metodo usato alle elementari e quello adottato alle medie, identico a se stesso da decenni. Per non parlare del continuo cambio di professori che sono costretti a subire gli alunni, visto che la scuola media è quella dove si registra il maggior numero di professori con contratto a termine (17%). Faccio un esempio: alle elementari non si fanno i riassunti, ma appena arrivati in prima media, i ragazzini vedono assegnarsi un riassunto. Non sanno cosa sia e nessuno glielo spiega. A parte il fatto che non comprendo perchè il riassunto sia stato eliminato alle elementari, possibile che nessuno si sia accorto che , invece, è rimasto alle medie? Il cambiamento radicale del metodo, poi, non consente agli alunni di effettuare un passaggio fluido tra le due scuole. Il brusco cambiamento, crea tali difficoltà, che molti alunni vanno malissimo nel primo quadrimestre e, anche alla fine dell'anno scolastico, non sono pochi i bocciati. Ma tranquilli: peggiorando la scuola elementare con la soppressione del modulo , la riduzione degli insegnanti e la bocciatura, tra la scuola elementare e la scuola media, non ci sarà più differenza.


Medie molto basse
di Stefania Rossini


Pochi l'hanno notato, ma nel dibattito che va avanti da mesi sulla riforma della scuola, che si fa, poi non si fa, poi si rilancia, infine si ridimensiona, manca sempre qualcosa. In quel gran parlare di rigore e grembiulini, bullismo e voto in condotta, maestro unico o prevalente, tempo pieno abolito e riemerso, precari penalizzati e orari ballerini, tagli all'università e 'onde' di protesta, c'è sempre una grande assente: la scuola media. Quei tre anni cruciali che accolgono un bambino e licenziano un adolescente sono scomparsi dalla scena come se scottassero, come se a toccarli in un solo punto si rischiasse di far crollare un intero edificio. Anche la politica degli annunci a raffica, così felicemente praticata dal ministro Mariastella Gelmini e da tutto il governo, l'ha ignorata e la mini riforma appena varata si limita a infliggerle silenziosamente un taglio di tre ore settimanali (da 33 a 30) e a potenziare su richiesta le ore d'inglese, ma a scapito della seconda lingua. Eppure è proprio la scuola media il vero buco nero dell'istruzione italiana. Avrebbe bisogno di riflettori sempre accesi, di sforzi per capire le cause del crollo di qualità che colpisce inesorabilmente i suoi studenti. Che entrano vicini all'eccellenza ed escono prossimi all'ignoranza. Lo certificano da anni le indagini dell'Ocse-Pisa che fissano la preparazione dei nostri quattordicenni ben al di sotto della media internazionale e lo denunciano più in dettaglio le ricerche del progetto Timss (Trend in International Mathematics and Science Study) che mettono a confronto i livelli di apprendimento di mezzo milione di studenti di tutto il mondo al quarto e all'ottavo anno di scuola (per noi, quarta elementare e terza media). L'ultima rilevazione, resa nota nei giorni scorsi, è esemplare: si conferma l'ottima preparazione in matematica e soprattutto in scienze dei più piccoli, che si avvicinano alle eccellenze dei paesi asiatici (Singapore, Taiwan, Hong Kong) superando i coetanei di molti paesi europei, mentre i ragazzi delle medie precipitano in fondo alla classifica. Chissà se al ministero dell'Istruzione, dove nessuno è disponibile a parlare del tema, si faranno adesso qualche domanda sui cambiamenti imposti alle elementari e sulla palese indifferenza per le medie?

Il punto è che qualcosa veramente non va in quei tre anni, peraltro decisivi per orientare le scelte degli studi futuri e quindi della vita. Ragazzini competenti e motivati che diventano mezzi asini dovrebbero essere monitorati giorno per giorno, gli insegnanti sottoposti a continue verifiche, l'intero ciclo rivoluzionato. Invece niente, e c'è persino chi se la prende con i turbamenti della preadolescenza o con "la precocità che prima non c'era" (parole della Gelmini). E pensare che la scuola media era nata con i più nobili motivi nel lontano 1962, quando il primo centro-sinistra ne fece, con la nazionalizzazione dell'energia elettrica, uno dei punti forti del suo impatto riformatore. La nuova scuola, che si chiamò a lungo 'media unificata', rispondeva a un bisogno di uguaglianza delle opportunità che era proprio dei tempi e che fino ad allora era stato negato da un scelta che veniva imposta ad appena 11 anni, alla fine delle elementari: chi era destinato a continuare gli studi andava alle medie, chi invece sapeva di dover lavorare presto, frequentava tre anni di 'Avviamento'. Ma l'operazione si dimostrò quasi subito più un assemblaggio che una fusione, tanto è vero che nei primi anni ci fu un tasso altissimo di ripetenti, fino al 15 per cento. Poi, lentamente, gli insegnanti si adattarono per non compiere ogni anno una strage degli innocenti. Con loro si dimensionò al basso tutto il ciclo. E la scuola media fu dimenticata.
Luigi BerlinguerSe si interrogano gli esperti su come possa accadere che un intero paese si infuochi a periodi alterni sui maestri unici o trini, sui licei da moltiplicare o gli istituti tecnici da ritoccare, dimenticando ogni volta quei tre anni centrali, la risposta è un unanime allargar di braccia. "La scuola media è completamente abbandonata, tutti se ne tengono alla larga", ammette Claudia Donati, responsabile del settore Education del Censis e ricorda come l'unico che tentò di metterci le mani fu Luigi Berlinguer, ministro del primo governo Prodi, che propose un accorpamento con le elementari in un ciclo di sette anni. È un sistema applicato in molti paesi europei, ma ne nacque un putiferio perché gli insegnanti di scuola media si sentirono declassati a maestri, mentre quelli delle superiori non erano disposti ad accoglierne una parte al loro livello. Così non se ne fece niente. Giorgio Allulli, direttore di ricerca dell'Isfol, ritiene che il punto debole sia in un modello che ripete l'impostazioni delle elementari e non crea alcun valore aggiunto: "Da più di quarant'anni la media unificata porta tutti ad ottenere una licenza, ma è un titolo che non corrisponde a un effettiva capacità di cittadinanza".
(L'Espresso Local 12 gennaio 2009)

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