sabato 25 ottobre 2008

Scuola/ Riforma Moratti e Riforma Gelmini a confronto. Identici i testi, identico il fine: smontare la scuola pubblica

di Roberta Lerici
Ecco le due riforme della scuola più controverse e contestate degli ultimi anni: la Riforma Moratti e il DDL Gelmini. Dietro entrambe le riforme, lo stesso ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il progetto di demolizione della scuola pubblica italiana inizia verso la fine degli anni '90 e speriamo che la mobilitazione generale di quella parte di persone che, invece, considera la Scuola Pubblica un valore irrinunciabile per il nostro Paese, impedisca agli stessi politici di allora, di festeggiarne la riuscita.
In fondo, diversi documenti correlati e il testo integrale della Riforma Moratti
dal sito: http://www.fisicamente.net/index-192.htm
Un comunicato sindacale dei Cobas del 2003:
"La scuola dell’Autonomia - della Legge di Parità (che elargisce favori alla scuola privata), del Riordino dei cicli (Moratti ora, Berlinguer prima) e della Riforma degli organi collegiali - ha come unico e unitario progetto la riduzione della scuola pubblica statale a scuola residuale e dell’istruzione a prodotto mercificato e vendibile al miglior offerente, per mandare avanti la quale è funzionale avere a propria disposizione personale trattato con il criterio aziendalistico di contratti che sanciscano la definitiva gerarchizzazione di personale che riceve buste paga basse uguali per tutti e premi in busta paga per i più meritevoli.
con ritiro della Riforma Moratti si chiede:
l’obbligo scolastico fino a 18 anni; contro l’anticipo delle iscrizioni alla scuola dell’infanzia e alla scuola elementare che ne distrugge l’impianto pedagogico; contro la diminuzione del tempo scuola e la scomparsa del Tempo pieno e del Tempo prolungato; contro la classista divisione del percorso scolastico del ciclo secondario nel sistema dei Licei e della Formazione Professionale Regionale, con la conseguente regionalizzazione di tutta l’istruzione Professionale di stato"
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In data 2 agosto 2001 il Ministro Moratti avvia con il collega Tremonti una corrispondenza epistolare che rappresenta, a posteriori, una chiave di lettura che permette di interpretare le scelte di politica scolastica sin qui attuate.
In essa, la Ministra Moratti individua l’elevamento dell’obbligo scolastico (L. 9/99), l’aumento di iscrizioni alla scuola materna e la generalizzazione delle lingue straniere nella scuola elementare come cause della mancata contrazione degli organici. Individua anche possibili aree di intervento di risparmio quali ridefinizione dei criteri di dimensionamento delle scuole, mobilità professionale per le graduatorie con docenti in esubero, trasformazione dell’orario di insegnamento e razionalizzazione delle classi di concorso, riduzione del numero di insegnanti specialisti per l’insegnamento delle lingue straniere nelle elementari, ridefinizione dei compiti e dei ruoli del personale ATA e l’esternalizzazione delle funzioni. Solo nel rispetto di questi impegni, il Ministro Tremonti comunica alla collega il 9 novembre 2001 di aver firmato il decreto relativo alla determinazione degli organici.
Sono queste le linee programmatiche che guidano il governo negli interventi sulla scuola. Occorre risparmiare riducendo del 15% le spese per il prossimo triennio per il personale. Si comincia con il taglio di 20.000 posti del personale ATA nel luglio 2001.
Caro Tremonti …
"Caro Ministro,… (n.d.r. On.le Prof. Giulio Tremonti, On.le Prof. Franco Frattini)…occorre precisare che nell’ultimo triennio non è stato possibile realizzare una contrazione degli organici per i seguenti motivi:elevamento dell’obbligo scolastico (legge 9/99) FATTO!La legge delega "per la definizione delle norme generali sull’istruzione" abolisce la legge suddetta e indirizza gli alunni, al termine della terza media, direttamente alla formazione professionale regionale così si decongestiona la scuola superiore statale)
"...costante aumento del numero di bambini iscritti alla scuola materna statale, non solo per il fisiologico incremento della domanda, ma anche per la garanzia a tutti i bambini tra i 3 e 6 anni di poter frequentare la scuola dell’infanzia (art. 2 della legge 30/2000) FATTO!La proposta di riforma abolisce la legge 30/2000.
necessità di garantire la generalizzazione dell’insegnamento delle lingue straniere nella scuola elementare… FATTO!L’art. 22, comma 5 della legge 448 (finanziaria 2002) dispone che l’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare sia garantito solo all’interno dell’orario obbligatorio, compatibilmente con la disponibilità di organico (la C.M. n. 16 applicativa lo riserverà solo alle classi del 2° ciclo, organico permettendo).
Consapevole dell’impegno che il governo ha assunto di contenere la spesa corrente questo Ministero provvederà ad adottare interventi strutturali finalizzati a tale obiettivo. Le iniziative che si stanno definendo riguardano tra l’altro:la ridefinizione dei criteri di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, d'intesa con le Regioni e con gli Enti locali, Impostato!È stata pubblicata una lista di 2003 scuole sottodimensionate. Sono stati messi a concorso per dirigenti scolastici solo 1.500 posti, contro i 2.500 vacanti.
la promozione della mobilità professionale e intercompartimentale del personale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero (per esempio: insegnanti tecnico pratici, docenti di educazione tecnica e di educazione fisica). Le posizioni di esubero ammontano a oltre 8.000 unità; FATTO!Il decreto legge n. 212 del 25 settembre 2002 "Misure urgenti per la scuola, l’Università, la ricerca scientifica…" prevede, per i docenti in situazione di soprannumerarietà, la riconversione professionale, pena la cassa integrazione ed il licenziamento dopo due anni.
la destinazione di una quota percentuale dell'organico di ciascuna istituzione scolastica (tale percentuale potrebbe corrispondere alla "quota locale" del curricolo che il DPR n. 275/99 quantifica nel 15% dell'orario complessivo settimanale) preferibilmente a contratti d'opera; la trasformazione, per i docenti dell'istruzione secondaria, dell'orario di cattedra in "orario annuale di lavoro" rispetto al quale dovrebbero essere previste, ove necessarie, prestazioni aggiuntive obbligatorie, da retribuire in eccedenza, e il consequenziale contenimento delle supplenze brevi; FATTO!Le scuole secondarie di 1° e 2° grado suppliscono i docenti assenti fino ai 15 giorni utilizzando personale interno.
la razionalizzazione delle classi di concorso per una utilizzazione ottimale del personale; FATTO!La finanziaria 2003 ribadisce quanto già previsto in quella 2002. L’intento è di portare tutte le cattedre a 18 ore, anche mediante l’individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre
la ridefinizione del profilo professionale dell'assistente tecnico e della funzione docente dell'insegnante tecnico pratico, creando le condizioni per eliminare o ridurre i tempi di compresenza; la riduzione del numero dei docenti "specialisti" (circa 11.000) impegnati nell'insegnamento delle lingue straniere nella scuola elementare facendo ricorso in misura più ampia alla formazione del personale e favorendo il reclutamento di docenti che abbiano superato la prova di lingua straniera; la ridefinizione dei compiti e dei ruoli del personale Ata, nel quadro dell'autonomia degli istituti, attraverso un miglior impiego delle tecnologie informatiche e l'esternalizzazione delle funzioni strumentali FATTO!La finanziaria 2003 attribuisce ai collaboratori scolastici i compiti di accoglienza, sorveglianza e vigilanza e alle scuole la possibilità di affidare in appalto i servizi di pulizia, di igiene ambientale e di vigilanza dei locali scolastici
Pertanto, già per il prossimo anno scolastico sono state realizzate, con DM 27 luglio 2001 n. 128 misure di contenimento delle dotazioni organiche del personale ATA modificando alcuni parametri di calcolo previsti in precedenza…"
Roma, 2 agosto 2001, Letizia Moratti
…Cara Moratti
"Cari Colleghi,… (n.d.r. Dott.ssa Letizia Moratti, On.le Prof. Franco Frattini)ho firmato il decreto relativo alla determinazione degli organici del personale docente…Mi corre tuttavia l’obbligo di evidenziare un tendenziale andamento crescente delle dotazioni organiche del personale del Ministero dell’Istruzione. E pertanto, nel quadro dell’impegno assunto dal Governo di contenere la spesa corrente, la firma del decreto è avvenuta proprio sulla base dei precisi impegni assunti dal Ministero dell’Istruzione per l’adozione di interventi strutturali finalizzati a tale obiettivo comune. Mi riferisco, in particolare, alle iniziative compendiate in otto punti nella lettera del Ministro dell’istruzione in data 2 agosto 2001… Nel presupposto che si proceda alla concreta realizzazione del contributo al processo riduttivo della spesa, in coerenza con le iniziative suindicate, ho dato seguito alla richiesta."Roma, 9 novembre 2001, Giulio Tremonti
Documenti Correlati:
Testo Riforma Moratti
Ecco il testo integrale della legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti, approvata in Parlamento il 25 ottobre 2003, contro la quale le università italiane si sono mobilitate.
Un articolo che ne critica i vari punti dal sito http://www.rassegna.it/ dove potrete trovare tutti molti articoli interessanti usciti nel 2003 sulla Riforma Moratti
Riforma Moratti: la legge punto per punto 1 maggio 2003di Stefano Iucci Quest’anno compie 40 anni la scuola media unica, gratuita e obbligatoria varata dal primo governo di centro-sinistra nel 1963. Finiva l’avviamento professionale. Finiva un sistema duale che, già a dieci anni, incanalava i ragazzi in due percorsi incomunicabili: uno dei quali, l’avviamento appunto, non consentiva l’accesso ai licei e all’università ed era fatalmente riservato alle classi svantaggiate.
Un compleanno caduto male: proprio quest’anno il governo ha licenziato una legge delega di riforma del sistema dell’istruzione che, al di là delle dichiarazione roboanti di Berlusconi (“dopo 34 tentativi falliti in passato siamo riusciti a riformare la scuola”), ripropone un impianto ideologico antecedente alla riforma del ‘63. E cioè: rigida separazione tra un sistema “alto” dell’istruzione, quello dei licei, e un altro “basso”, residuale, dell’istruzione e della formazione professionale; la scelta molto precoce, anche a tredici anni, tra i due canali e, a 15 anni, addirittura la possibilità di un canale di serie C, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, “grazie” alla quale gli studenti potranno espletare integralmente la loro formazione fino a 18 anni in azienda. Un’azienda che, praticamente, sostituisce la scuola. Novità importanti sono previste anche per la scuola dell’infanzia e quella primaria, con la possibilità di iscrizione anticipata dei bambini e delle bambine slegata da qualsiasi valutazione pedagogica, didattica o semplicemente organizzativa. Infine, unico in Europa, il nostro paese con questa legge riduce di un anno la durata dell’obbligo scolastico, abbassando l’età dei ragazzi obbligati da 15 a 14 anni di età . Per Enrico Panini, segretario generale della Cgil scuola, con il quale commentiamo gli aspetti principali del provvedimento, “si tratta di una legge illegittima sul piano costituzionale (e la Cgil intende adire tutte le vie legali per arrivare a porre, davanti alla Corte Costituzionale, la legittimità del ricorso alla delega, ndr) e devastante per gli effetti che creerà sul sistema dell’istruzione”. Le risorse e i tempi
Entro 24 mesi dal via libera alla legge, il governo è delegato a emanare i relativi decreti attuativi. In 90 giorni Moratti deve predisporre il relativo piano finanziario. La strada della riforma sarà lunga e non facile, viste anche le diverse valutazioni della stessa maggioranza evidenti nella proliferazione degli ordini del giorno accolti: 45 alla Camera e 8 al Senato. Sbaglia però chi considera la delega una scatola vuota. Già da settembre 2003 infatti i ragazzi di 14 anni di età non saranno più obbligati ad iscriversi alla prima classe della scuola secondaria superiore, data la riduzione di un anno della durata dell’obbligo scolastico, sarà possibile iscrivere anticipatamente i propri figli alla materna e alle elementari e alcune regioni stanno sperimentando una parte delle novità previste dalla riforma per il ciclo secondario.
Poi c’è il problema delle risorse: i soldi, dicono le opposizioni e i sindacati, non ci sono e Tremonti ha ottenuto da Montecitorio un’arma formidabile: i decreti attuativi potranno avere il via libera solo se preceduti da provvedimenti legislativi che stanziano le risorse necessarie. Sarà dunque il ministro del Tesoro a scandire i tempi della riforma e Berlusconi ha già avvertito: per l’andata a regime della legge ci vorrà qualche anno. Per sostenere le iscrizioni anticipate il governo ha stanziato 12.731milioni di euro per il 2003; 45.829 euro per il 2004 e 66.198 per il 2005. Ma questi fondi, in realtà, sono sufficienti solo per una piccola parte degli aventi diritto cioè 86.600 bambini. Secondo quanto si evince da una nota tecnica del Servizio bilancio dello Stato, invece, i soggetti interessati dovrebbero essere 161.000: vale a dire il doppio. Non solo, il ministero non avrebbe considerato gli oneri organizzativi: serviranno 1.700 nuove aule, 2550 docenti e ulteriore personale Ata. Come si potrà, con i tagli in organico previsti dalla Finanziaria?
Moratti ha detto che altre risorse per la riforma potranno essere ottenute modificando la destinazione di altre voci di bilancio del ministero. Il rischio è, dunque, che la riforma vada a discapito di altre spese necessarie per il funzionamento ordinario delle scuole che hanno già subito tagli drastici. Comunque il trend degli ultimi anni è chiaro: tra il 2003 e 2005 la contrazione degli investimenti per la scuola sarà di almeno 2,1 miliardi di euro e il decreto taglia spese, nel 2002, ha già decurtato cospicuamente gli stanziamenti in materia. Quanto alla Finanziaria del 2004, dovrà contenere le risorse per riforma del fisco, previdenza e grandi opere: difficile, con questo governo, che per lascuola rimanga qualcosa. L’impianto generale del sistema
All’articolo 2, comma a) si legge: “È promosso l'apprendimento in tutto l'arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”. Sono obiettivi ambiziosi che sembrano, però, confliggere con una realtà dei fatti molto diversa. A leggere, infatti, gli Orientamenti sui curricola della scuola elementare e media del ministero della Pubblica istruzione (quello che trapela, perché l’informazione è rigidamente “sequestrata”), spiega Panini, “avremmo una scuola elementare sempre più leggera, di 27/30 ore settimanali contro le attuali 30/40. Che fine farà il tempo pieno? È legittimo pensare che sarà rimpiazzato da una attività che prevede la separazione rigida tra attività ordinaria e attività di completamento. Proprio come accadeva negli anni Sessanta”. Un altro esempio riguarda la scuola media. Sempre secondo le indicazioni ministeriali, l’orario settimanale passerebbe a 27 ore, dalle attuali 30-36. È vero che la legge Moratti offre 200 ore annuali, ma queste non sono obbligatorie per lo studente e non sostituirebbero l’attuale tempo prolungato. “Insomma – commenta il sindacalista – parlare di una scuola più leggera, cioè di meno scuola, è purtroppo del tutto fondato”. Obbligo scolastico e obbligo formativo
Ma la nuova scuola sarà più leggera soprattutto nella durata. A parole, la legge garantisce “a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno” (art. 2, comma c). In realtà si tratta di una vera e propria “petizione di principio”, contraddetta dalle scelte concrete del governo e dai contenuti della stessa delega”. La deroga Moratti cancella l’obbligo scolastico a 15 anni (introdotto dalla legge 9/99) che quest’anno ha tenuto in classe quasi 40.000 studenti in più. Panini: “Non è vero che tutti studiano per almeno 12 anni. Con questa legge a 14 anni si può smettere di andare a scuola. Si può uscire addirittura a 13 anni e mezzo se in precedenza si è “anticipata” l’entrata”.
Ma nel testo sono nascoste altre insidie. Nello stesso articolo si dice che “nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e alla formazione e di correlativo dovere (il corsivo è nostro, ndr) viene ridefinito e ampliato l’obbligo scolastico (...) nonché l’obbligo fomativo” introdotto dalla legge 68/99. “Con un fantomatico diritto-dovere all’istruzione si supera il concetto di obbligo – commenta ancora Panini – , che secondo il governo sarebbe un modo di pensare arretrato e impositivo. In realtà l’obbligo scolastico non è una prepotenza dello Stato ma, piuttosto, una garanzia per i minori. Perché, con l’imposizione dell’obbligo lo Stato contrae contemporaneamente delle responsabilità. Se, invece, si parla di diritto-dovere delle persone si scaricano sulle scelte individuali responsabilità che, per questo, non sono più dello Stato”. La proposta della Cgil, come è noto, è un’altra: almeno 10 anni di obbligo scolastico (quindi uno in più rispetto alla vecchia legge 9/99), da assolvere per gli ultimi due anni nel primo biennio, orientante, della scuola secondaria superiore, i cui indirizzi vanno rivisti e ridotti. Solo dopo, a 16 anni di età, e con una frequenza di almeno 10 anni nel sistema di istruzione, si dovrebbe collocare l’eventuale scelta fra i licei e un’istruzione e formazione professionale di pari dignità. Un buco clamoroso: l’anno anomalo
Ma la delega contiene un buco clamoroso, perché produce il cosiddetto anno anomalo. Cosa vuol dire? Da subito la legge abroga la legge 9/99, che ha innalzato di un anno la durata dell’obbligo scolastico. Dunque, i ragazzi di 14 anni di età in uscita dalla terza media che, tra gennaio e febbraio 2003 si sono dovuti preiscrivere alla prima classe delle superiori, non saranno più obbligati, il prossimo anno, ad andare a scuola. Cosa faranno? Rischiano di allargare il flusso già consistente della dispersione scolastica perché, in attesa dei decreti legislativi che dovrebbero “rivedere e ampliare l’obbligo scolastico e formativo”, secondo quanto previsto nella delega, per i ragazzi tra 14 e 15 anni si produce un vuoto. Infatti, per l’obbligo formativo i decreti attuativi parlano di 15-18 anni di età, all’apprendistato si accede a 16 anni, al lavoro, secondo la normativa sul lavoro minorile, a 15 anni e all’art. 4 della stessa legge delega si fa partire il percorso in alternanza scuola lavoro a 15 anni. Tutto al momento, dunque, comincia almeno a 15 anni mentre il Parlamento ha riportato a 14 anni l’età in cui non si è più obbligati a frequentare la scuola. Canalizzazione precoce e modello duale
A quanti anni un ragazzo è in grado di scegliere il proprio futuro? Secondo il progetto Moratti molto presto. La selezione avviene al termine delle medie, dunque a 14 anni o a 13 anni se il ragazzo è entrato, come previsto dalla delega, in anticipo nel mondo della scuola. “Ma i bambini in realtà si preparano a scegliere prima – chiosa Panini –, già a dodici anni, perché l’ultimo anno della scuola media diventa orientativo”. È a questo punto che si potrà optare per il sistema nazionale dei licei (di durata quinquennale) o quello dell’istruzione e formazione professionale in carico alle Regioni (quadriennale) e, anche nella durata, fortemente residuale. Due canali rigidamente separati tra di loro e senza possibilità d’integrazione. È la filosofia del vecchio avviamento professionale che produrrà un ulteriore blocco della mobilità sociale: è molto probabile, infatti, che una scelta così precoce sia determinata dalle caratteristiche socio-culturali delle famiglie di provenienza. Già oggi, uno studente con il padre che ha un titolo di scuola media ha solo il 15 per cento delle probabilità laurearsi; la percentuale sale al 60 con un genitore laureato.
Un esempio in negativo viene dalla Germania il cui modello di selezione precoce separa gli studenti addirittura a 10 anni e, in base a test di valutazione li indirizza verso i licei o, appunto le scuole professionali. Questo modello, fortemente duale, è stato recentemente bocciato dall’Ocse. Secondo l’indagine P.i.s.a, infatti, il 40 per cento dei bambini che scelgono le medie professionalizzanti provengono dai settori più svantaggiati della società. Per l’Ocse il modello che produce i risultati migliori è quello finlandese, che non prevede alcuna canalizzazione prima dei 16 anni. I cicli scolastici: la scuola dell’infanzia, le elementari, le medie
“Il sistema educativo d’istruzione e di formazione si articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale” (art. 2, comma d). Nel testo si parla di un primo ciclo che tiene insieme elementari e medie. Di fatto, però, i due ordini sono rigidamente separati. Da anni i pedagogisti segnalano la necessità di un raccordo che accompagni nel segno della continuità un passaggio così difficile per i ragazzi e che genera, in prima media, una percentuale altissima di bocciati: l’8 per cento degli studenti. Proprio per questo, il tentativo di riforma Berlinguer-De Mauro prevedeva un’unico ciclo di base della durata di 7 anni.
A dimostrazione che le scuole dell’autonomia sono più avanti di chi li governa in questo momento c’è un dato: il 43 per cento degli istituti di base sono già “comprensivi”, tengono cioè insieme elementari e medie. Ma di tutto questo il progetto Moratti non tiene conto.
La delega, come è noto, prevede la possibilità di iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia e alle elementari. Già da settembre del 2003 potranno accedervi i bambini di due anni e mezzo. Panini: “Oggi la nostra scuola dell’infanzia è una vera scuola. È una scuola di qualità, portata ad esempio in tutto il mondo e pensata in termini pedagogici, psicologici, didattici, organizzativi per i bambini dai tre ai sei anni d’età. L’anticipo a 2 anni e mezzo, agli occhi dei non addetti ai lavori, può sembrare irrilevante, addirittura gradito in quelle situazioni nelle quali gli asili nido sono scarsi o assenti e le rette mensili di quelli privati particolarmente consistenti. Chi invece lavora quotidianamente nella scuola dell’infanzia, sa bene cosa significhi in termini di autonomia, di competenze specifiche, di capacità di relazione tenere insieme bambini con differenze di sei mesi a questa età. Si tratta, insomma, di una norma improvvisata”. Ancora: “Il rapporto numerico bambino/adulto nell’asilo nido è notevolmente ridotto perché i bambini di tal età richiedono, anche fisicamente, una presenza continua e attiva da parte dell’adulto. Ma oggi, nelle nostre scuole dell’infanzia, ci sono anche 28 bambini per sezione”. Per la Cgil, dunque, l’anticipo a due anni e mezzo è ipotizzabile solo ad alcune condizioni: organizzare sezioni rivolte esclusivamente ai bimbi piccoli; svuotare le liste d’attesa per le scuole dell’infanzia che impediscono a molti bambini di frequentarle; utilizzare personale specializzato per i bimbi piccoli; approntare locali adatti a bambini ancora non autonomi e con attrezzature adeguate.
Anche alle elementari ci si potrà iscrivere, già da settembre, a cinque anni e mezzo. Traduzione: in una stessa classe ci potranno essere bambini anche con 20 mesi di differenza. Nel 2005 potranno iscriversi in prima elementare bambini nati dal 1° settembre del 1999 al 30 aprile del 2001. Sono salti che si ripercuoteranno sull’intero sistema: in futuro nella stessa classe di terza media potrebbero arrivare insieme bambini di 11 anni e mezzo e di 13 anni. “In una classe elementare di 25 alunni con queste grandi differenze di età – commenta il leader della Cgil – come saranno possibili i percorsi individualizzati che la legge prevede?”. Anche in questo caso, insomma, l’operazione sembra sganciata da qualsiasi valutazione pedagogica e didattica. L’anticipo è stato già sperimentato quest’anno scolastico dalla Moratti, insieme all’introduzione dell’insegnante tutor. Ed è stato un mezzo flop: il ministro voleva coinvolgere il 20% delle scuole; ma è riuscito a malapena a trovarne, dopo varie pressioni sui dirigenti scolastici, 250, un terzo delle quali “paritarie” e non pubbliche. Tra le segnalazioni raccolte dalla Cgil ce n’è una interessante: in un Circolo didattico, su 15 bambini che hanno scelto di anticipare l’accesso alle elementari, 5 sono stati rimandati indietro verso la scuola dell’infanzia.
Infine un’insidia. La possibilità di anticipo sarà valutata caso per caso dalla scuola: “Sarà forse questa una prima selezione tra gli studenti”, si chiede Panini? La scuola superiore
È qui, all’inizio del ciclo secondario superiore, che si colloca la scelta precoce degli studenti. I quali a 13 o 14 anni, con pochi strumenti a disposizione, dovranno decidere tra il canale del liceo (artistico, classico, delle scienze umane, economico, linguistico, musicale, scientifico e tecnologico) e quello della istruzione e formazione professionale, non meglio definito. A quindici anni, poi, i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola lavoro. Il ministro ha propagandato una finalmente raggiunta pari dignità culturale tra percorsi che in Italia sono tradizionalmente distanti. In realtà questa parità è una finzione, a partire dalla durata degli studi: 5 anni per i licei e solo 4 per l’istruzione e formazione professionale (ma la durata può essere anche inferiore, tre anni). Non solo: mentre il sistema dei licei è in carico allo Stato, il secondo canale sarà in mano alle Regioni, che avranno una prevedibile difficoltà a gestire un’offerta formativa di grande rilievo dal punto di vista quantitativo e qualitativo, viste anche le non brillantissime prove offerte nella gestione della formazione professionale. Per la Cgil è inaccettabile una “regionalizzazione dell’istruzione professionale e di quella tecnica che, attribuendo allo Stato la formazione dei cittadini destinati a dirigere il paese, lascia alle Regioni la formazione di coloro destinati a eseguire, magari a obbedire non disponendo delle stesse “parole” dei primi”. La legge, in verità, prevede passerelle che dovrebbero permettere il passaggio da un canale all’altro, ma, obietta Panini, “già oggi è molto difficile passare da un istituto tecnico a un liceo che pure stanno dentro lo stesso sistema, figuriamoci quando si vorrà passare dal sistema della formazione professionale a quello dei licei. Tutti gli indicatori ci dicono che i passaggi funzionano in un senso solo: dalla formazione ai licei”. In sostanza, anziché integrare scuola e lavoro, si procede per salti e separazioni nette. L’alternanza scuola-lavoro
“Guardi, signora, suo figlio non capisce quasi niente. Lo mandi alla formazione professionale”. La professoressa cui Don Milani indirizzava le sue lettere avrebbe potuto trovare oggi una soluzione ancora più drastica per quello studente “che non capisce quasi niente”. Con la delega, tra i 15 e i 18 anni, gli studenti potranno infatti realizzare il loro diritto-dovere alla formazione, cioè i corsi del secondo ciclo superiore, in alternanza scuola e lavoro. Si tratta, in sostanza, di un percorso di serie C: un inserimento da realizzarsi sulla base di convenzioni con aziende, associazioni imprenditoriali, camere di commercio; un luogo di confino per gli espulsi dal sistema della scuola e della formazione professionale, in cui non viene prefigurata nessuna vera integrazione scuola-lavoro ma, all’opposto, una separazione sempre più netta tra i due poli. È la riproposizone del vecchio adagio: “Non sei adatto a studiare, vai a lavorare”. L‘alternanza scuola lavoro dovrà essere meglio definita da un decreto applicativo. Quel che è certo fin da ora, perché è già scritto nella delega, è che le intese stipulate non costituiscono rapporti individuali di lavoro; per i ragazzi non sono neanche previste borse di studio: praticamente andranno a lavorare gratis, mentre sono previsti incentivi per le imprese, elevate al rango di veri e propri luoghi formativi. Il decreto attuativo, poi, sarà emanato “sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro”: “In questo modo – sottolinea Panini – i sindacati vengono tagliati fuori da una materia di portata così importante per i giovani”.
L’alternanza scuola-lavoro targata Moratti-Confindustria, va sottolineato, non ha nulla a che vedere con l’integrazione tra scuola e lavoro prevista dalla legge 196/97 (il cosiddetto Pacchetto Treu), che prevede un apprendistato di valore formativo e stage e tirocini in azienda.
Lo stage è una pratica già diffusa nelle scuole italiane e funziona proprio perché è trasversale ai diversi indirizzi (dal liceo al professionale) e non diventa, come nel progetto Moratti, un indirizzo a se stante. Lo stage è regolato dalla 196/97, che ne stabilisce criteri e limiti: uno stage, per esempio, per gli studenti della scuola secondaria superiore, può durare massimo sei mesi. Nulla invece impedisce, con questa brutta legge, che gli studenti passino in azienda tre anni interi: quelli cruciali per la propria formazione di cittadini e lavoratori. (Rassegna sindacale, n.17, 1 maggio 2003)
Documenti Correlati:
Testo Riforma Moratti
Ecco il testo integrale della legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti, approvata in Parlamento il 25 ottobre 2003, contro la quale le università italiane si sono mobilitate.
Un articolo che ne critica i vari punti dal sito http://www.rassegna.it/ dove potrete trovare tutti molti articoli interessanti usciti nel 2003 sulla Riforma Moratti

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Vorrei fare una puntualizzazione: la Riforma Moratti era una RIFORMA, la Riforma Gelmini è un puro e semplice DECRETO. Chiamiamo con il loro termine le cose, altrimenti è ovvio che c'è confusione e fraintendimento.
Valentina

Anonimo ha detto...

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