martedì 3 febbraio 2009

Scuola,"Maestro unico a scelta": La scelta di mentire

Maestro unico, è iniziata così la falsa scelta delle famiglie

dal sito www.il salvagente.it

Fino al 28 febbraio aperte le iscrizioni, ma non si sa a quali classi. Ricorso al Tar.

Michela Rossetti

Ieri si sono aperte le iscrizioni per le scuole elementari, si chiuderanno il 28 febbraio. Ma fino a marzo, ottimisticamente, non è dato sapere cosa ne sarà di nostro figlio. È questo, infatti, il periodo in cui il ministero dell’Istruzione dovrebbe comunicare agli istituti la disponibilità di organici dopo la “cura Tremonti”. Non si sa, cioè, quanti saranno gli insegnanti a diposizione in base ai quali si deciderà l’offerta formativa.

La scelta alle famiglie? Un bluff

“Solo a marzo, se tutto va bene; a giugno o luglio se siamo realistici”, ci dice Domenico Pantaleo, segretario generale Flc Cgil (il settore scuola della Cgil), “ la Gelmini farà conoscere la disponibilità degli insegnanti. Se una scuola ne avesse meno del previsto, potrebbe non farcela a sostenere l’orario da 30 o 40 ore. E che le famiglie lo abbiano scelto o meno, poco importa”.

È questo uno dei problemi delle iscrizioni alle elementari, oggi.
“La scelta ai genitori” , tanto sbandierata dal ministro solo poche settimane fa, è di fatto subordinata alla presenza di un certo organico.
“E non si può parlare neanche di scelta vera e propria”, ci dice Alessandra Marasco della scuola romana Iqbal Masih, alle prese con l’iscrizione in prima elementare, “perché si tratta piuttosto di una preferenza”. La differenza, forse, può sembrare sottile. Ma nei fatti non lo è.
“Nei moduli d’iscrizione, per ogni orario da 24, 27, 30 o 40 ore, posso solo scrivere nel quadratino accanto l’ordine di preferenza. Che è ben diverso dal dire ‘scelgo le 40 ore e tutto il resto non lo voglio’. Così implicitamente è come dare il proprio assenso al maestro unico, anche se subordinato come quarta opzione”.

Nel caos insegnanti e genitori (non solo in prima)

Alessandra Marasco non è l’unica, tra i genitori, ad esprimere dubbi e perplessità. Perché, anche cambiando istituto, l’incertezza rimane. E non solo in vista della prima elementare.

Marinita, che deve iscrivere il figlio in seconda, nella scuola Ferrini di Roma, non è sicura che per lui il prossimo anno il “vecchio modulo”, ossia i tre insegnanti sulle due classi, resterà lo stesso. Perché la compresenza nelle classi è stata eliminata ovunque, non solo in prima.

E Domenico Pantaleo, a proposito, non è morbido: “Cambiare le regole per tutte le classi, anche quelle già avviate e con un percorso didattico consolidato, significa non conoscere il mondo della scuola”.

L’incertezza sembra regnare sovrana. E non solo tra i genitori. Dal coordinamento Non rubateci il futuro dell’Iqbal Masih, l’istituto capofila delle proteste, ci dicono che tra il corpo docente il clima è pessimo: “Ancora non sappiamo se gli insegnanti che hanno seguito una terza saranno gli stessi il prossimo anno, e non è un problema di perdere il posto. Quelli a contratto saranno 'semplicemente' trasferiti, se il ministero non dà l’ok; ma la continuità per le classi è completamente in forse”.

16.000 insegnanti "in mezzo alla strada"
A mettere l’accento su quelli che uno stipendio, dal prossimo anno, non ce l’avranno più, ci pensa Pantaleo: “Quelli che dopo anni di precariato, ci speravano, in una cattedra, saranno i primi a saltare. E in un periodo di crisi avere in mezzo alla strada 16.000 insegnanti non è proprio l’ideale. In Europa i posti di lavoro, in questo periodo, si cerca di crearli. Da noi succede il contrario, peraltro senza nessun ammortizzatore sociale”.

Per le iscrizioni avviato il ricorso al Tar

In tema d’iscrizioni, comunque, la partita è ancora aperta.
Nei giorni scorsi il sindacato Flc-Cgil ha infatti presentato un ricorso al Tar, a cui ha partecipato anche il coordinamento Non rubateci il futuro, insieme al Cidi (associazioni di docenti) e Cgd (coordinamento genitori).

“La circolare ministeriale sulle iscrizioni si rifà ad un quadro normativo non ancora entrato in vigore”, ci spiega Pantaleo, “perché i regolamenti devono ancora ottenere l’approvazione del Consiglio di Stato, e poi tornare al Consiglio dei ministri per l’ok definitivo. Si sta pianificando un anno scolastico su regolamenti non validi, peraltro in contrasto con le autonomie scolastiche”.

Lanciata una campagna capillare…

Staremo a vedere, dunque, se arriverà prima la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del regolamento o un'eventuale sospensiva del Tar. Nel frattempo, gli istituti della Capitale non rimangono certo a guardare.

Il coordinamento “Non rubateci il futuro” ha lanciato una campagna capillare per raggiungere il massimo numero di richieste per le 40 e le 30 ore; e ha invitato i genitori a non dare le preferenze sui moduli d’iscrizione, ma piuttosto a scrivere, accanto allo spazio apposito, “sì” e “no” per ribadire con più forza la scelta tra le diverse opzioni.

Scelte che trovano una conferma anche nel coordinamento genitori-scuola del II Municipio, dove Francesco Consalvi, genitore e insegnate, ci spiega che si stanno coinvolgendo i genitori per inviare per iscritto alle scuole le richieste per garantire la continuità dell’attuale modello organizzativo e didattico. “Se un ragazzo sta frequentando la seconda, ad esempio, il genitore dovrà chiedere esplicitamente che il prossimo anno l’offerta didattica resti la stessa, compresenze degli insegnanti incluse”.
Ma la circolare non ha eliminato le compresenze? “Le scuole hanno abbastanza autonomia per scegliere di fare alcuni progetti in compresenza. La materia è fluida ed alcuni ‘escamotage’ ci sono. Ma all’interno della scuola devono essere d’accordo tutti, tanto il preside quanto gli organi collegiali”.

Il rischio che siano i genitori a “pagare” il tempo pieno

Sembra ottimista. Ma se il ministero, a marzo, dice che non ci sono gli insegnanti? “La scuola può scegliere di pagarli autonomamente con le proprie risorse, utilizzando i fondi d’istituto. Il problema è che qui i soldi, negli anni, sono sempre meno. A quel punto le scuole potrebbero decidere di chiedere un contributo ai genitori”.

Le promesse erano tempo pieno garantito, e potenziato. Chissà se il “miracolo” Gelmini sottintendeva che a pagarne il prezzo, in termini concreti, dovevano essere le famiglie.

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