martedì 13 aprile 2010

ADRO, IMPRENDITORE PAGA MENSA, MA QUALCUNO PROTESTA:"SE NON POSSONO PAGARE LI TENGANO A CASA"

http://www.provincia.crotone.it/documenti/rassegnastampa/mensa.jpg
Mensa negata agli alunni della scuola elementare di Adro: un imprenditore paga il debito dei 40 genitori dei bambini esclusi dalla mensa dal sindaco leghista,ma altri genitori protestano:"Se non possono pagare che tengano i bambini a casa".

Il gran cuore dell'Italia si riduce a questo? Siamo davvero diventati così? O forse il fatto che la maggior parte dei bambini "morosi" siano stranieri, ha suscitato rabbia nella popolazione di Adro che ha eletto un sindaco della Lega, forse proprio perchè li "difendesse" dagli stranieri? E' bellissima la lettera che l'imprenditore anonimo ha inviato a un giornale per "giustificare" il suo gesto. Lui è l'esempio da seguire, non chi si dimostra intollerante e crudele con dei bambini...

Dopo la decisione del sindaco leghista del Bresciano
I bimbi senza mensa e l’imprenditore generoso
Un assegno di 10 mila euro per saldare i conti arretrati

Dopo la decisione del sindaco leghista del Bresciano

I bimbi senza mensa
e l’imprenditore generoso

Un assegno di 10 mila euro per saldare i conti arretrati

Chiamiamola pure buona notizia: un imprenditore generoso ha chiuso il caso dei bambini rimasti senza mensa ad Adro, in provincia di Brescia. Si è presentato con un assegno in Comune e ha detto: rilevo io i debiti dei genitori che non pagano la refezione scolastica. All'impiegata addetta alla contabilità ha consegnato una lunga lettera e di proposito non l'ha firmata, perché le idee contano più dei nomi e la condivisione non si fa sulla persona, ma sui principi. Non è una lettera qualsiasi: è il manifesto di una ritrovata dignità contro il conformismo che cancella la responsabilità sociale, e anche l'umanità. Non so voi, ma forse bisogna ringraziarlo: per aver interrotto il digiuno dei bambini e per aver tirato fuori dall'apnea qualche sentimento diverso dall'intolleranza, dal furore cieco che a volte si manifesta nei confronti dei più deboli. «I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono», scrive. «Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l'asticella dell'intolleranza di un passo all'anno: prima con la taglia sugli extracomunitari, poi con il rifiuto del sostegno regionale e adesso con la mensa dei bambini...».

E’ un messaggio contro l’indifferenza e per i rispetto dei diritti quello dell’imprenditore bresciano che al telefono ripete continuamente «niente nomi, non voglio ribalte, non cerco protagonismi». Noi il nome lo conosciamo, ma vogliamo essere leali con lui. Se avesse voluto farsi pubblicità avrebbe potuto convocare in piazza i 40 genitori morosi e saldare il debito al sindaco di Adro davanti a cineprese e fotocamere. Invece ha voluto rompere il muro del rigore che il sindaco leghista aveva alzato in difesa di un principio: «Se paghi mangi, se non lo fai digiuni», rievocando il suo passato e i suoi ricordi di bambino: «Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del Patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati per questo». C’è troppa aridità intorno a noi, spiega, è tempo di reagire. E premette: «Non sono comunista, alle ultime elezioni ho votato Formigoni». Ricorda da dove è venuto, la fatica che ha fatto per arrampicarsi sui rami della vita e conquistarsi un ruolo, un’attività che oggi lo fa vivere bene: «Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Ho vissuto i miei primi anni una cascina come quella del film L’albero degli zoccoli. Ho studiato e i miei amici sono di tutte le idee politiche: gli chiedo sempre e solo la condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona». Alla lettera ha dato un titolo ad effetto, meditato: «Io non ci sto». Il testo è un atto d’accusa che interroga tutti.

I compaesani: «Possibile che non capiscano quello che sta avvenendo»? I sacerdoti: «Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocefisso con qualche etto di razzismo?». Ce n’è anche per Berlusconi: «Dov’è il segretario del partito che ho votato e che si vuole chiamare partito dell’amore? E dove sono i leader della Lega che si vuole candidare a guidare l’Italia? ». Manca la sinistra, che forse non c’è o non si vede, in Lombardia. Ma è evocata, come un convitato di pietra. Non è questo il suo campo? «So perfettamente che fra le 40 famiglie morose, alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti», scrive l’imprenditore. «Alcuni sono milionari e vogliono fare la morale ad altri. In questo caso, nel dubbio, sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, con fermezza ed educazione, cercando di essere il primo a rispettarle. Tirare in ballo i bambini, non è compreso nell’educazione. Sono certo che uno di quei bambini diventerà medico o imprenditore o infermiere e il suo rispetto vale la mia spesa: molti studieranno per riscattare la loro vita, mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca a bearsi con i valori del grande fratello». Basta asciugare una lacrima per lasciare un segno nel tempo: l’imprenditore l’ha fatto, alla modica cifra di 10 mila euro. E adesso si chiede: bisognava arrivare a questo per far capire il valore della solidarietà?

Giangiacomo Schiavi
corriere della sera 13 aprile 2010

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