venerdì 10 aprile 2009

Terremoto: in 50.000 vivono in macchina davati alle loro case

La storia / Migliaia di sfollati hanno preferito non allontanarsi dalle proprie abitazioni
"Aspetto i controlli dei pompieri. Come mi trovano se mi allontano?"
Per cinquantamila un'auto come casa:"Restiamo qui a guardare i nostri muri"

dal nostro inviato JENNER MELETTI

Per cinquantamila un'auto come casa "Restiamo qui a guardare i nostri muri"

Un'anziana in auto
L'AQUILA - Palma dorme nella Panda, assieme a due figli grandi. Il marito Ivano dorme nell'utilitaria di fianco. "Lui russa e allora l'abbiamo esiliato". Uno spiazzo enorme, dietro il comando dei carabinieri. Vivono qui, quelli che resistono. "Almeno posso guardare la mia casa. E' quella là in fondo, la vede? La tengo sott'occhio, e così se arrivano i vigili per i rilievi, sono pronta. Non vorrei che passassero e non trovassero nessuno. Ci sono delle lesioni ma non sembrano bruttissime. Voglio sapere quando potrò tornare". Non è facile vivere da accampati fai da te. "Il bagno? Noi signore dobbiamo aspettare la sera, quando arriva il buio. Ci nascondiamo fra le auto. Si torna lì prima che sorga il sole poi, per tutto il giorno, si cerca di resistere". Donne e uomini che non hanno voglia di farsi assistere, perché hanno paura di finire su un treno che poi non si può fermare. "Ti mettono sotto una tenda - dice Aldo S., camionista - e poi in un container. Oppure stai in un albergo al mare e dopo ti mandano chissà dove. Così, senza che te ne accorga, ti trovi in un altro pianeta e non ricordi nemmeno la tua casa. La mia è quella lì, a due piani. Io vado a vederla anche di notte, due o tre volte. Le giro intorno, controllo che non ci siano facce strane in giro. Non ho certo dei tesori, in casa. Ma lavoro da 27 anni e i miei soldi li ho messi in quei muri".

Diciottomila gli uomini e le donne nelle tendopoli organizzate, almeno cinquantamila quelli che hanno solo una casa su quattro ruote. C'è chi non ha trovato posto, c'è chi nemmeno si sogna di "andare a dormire con persone che nemmeno conosco". Gianna C., cassiera in un supermercato, ha messo la sua Golf nel giardino di casa e racconta il "segreto" degli accampati. "Devi calcolare la distanza. Il palazzo dove abito è alto dieci metri e allora devi stare lontano almeno dieci metri. Ma devi calcolare anche l'altezza dei palazzi vicini". Un salto in casa, ogni tanto. "Sono al primo piano ma le gambe mi tremano. Sono salita tre volte, a prendere l'indispensabile. Sì, anche il caricatore del cellulare. In bagno? Vado nella tendopoli qui vicina e così, per qualche minuto, ricarico il telefonino". Auto da 60.000 euro e utilitarie, parcheggiate una a fianco dell'altra, tutte piene di coperte, maglie, giacconi, bottiglie d'acqua... All'Aquila la notte e l'alba sono fredde poi arriva un sole che picchia. "Ogni tanto accendo il motore, così mi scaldo. E ascolto la radio. Sembra di non essere soli".

Pasquale Di Roberto, 78 anni, dorme in una Duna del 1989. "L'ho comprata quattro anni fa, per mille euro. Il mio appartamento è in quella casa azzurra e gialla. Speravo di passarci anche gli ultimi due e tre anni della mia vita". Guarda la casa come fosse un figlio. "Per 25 anni ho pagato l'affitto all'Ina poi l'ho riscattata. E da allora pago tutti i lavori: i nuovi pavimenti, i marciapiedi, la facciata... Vede, io facevo l'ambulante, mia moglie era portantina in ospedale, abbiamo tirato su 5 figli. La casa è l'unico nostro bene. Sto qui per i pompieri. Come fanno a entrare a casa mia per i controlli se io sono lontano? Il cibo? Me lo portano queste due ragazze, che hanno le gambe buone e sono molto gentili. Vanno a prenderlo nella tendopoli di piazza d'Armi". Le "ragazze" sono due signore ucraine, Anna e Irina. "Siamo sorelle - dice Irina - e Anna è venuta ad abitare da me perché ha perso il lavoro. L'anziana che assisteva è stata portata subito a Bergamo, dai parenti. La mia casa sta marcendo. Si sono rotti i tubi dell'acqua e sui pavimenti ci sono spanne d'acqua". Anche loro hanno una casa a quattro ruote. "Di giorno diamo una mano a Pasquale, per stare in compagnia. Ma se continua così, torneremo in Ucraina, almeno per qualche mese. Tante altre sono già partite, soprattutto quelle che erano ancora clandestine e adesso ci sono poliziotti e carabinieri dappertutto. Ma se qualcuno chiede i documenti, basta dire: "Li ho lasciati in quella casa crollata". Che vadano loro, a prenderli".

Antonietta Ascani, 72 anni, entra ed esce dai tre negozi dei suoi tre figli, Gianfranco che ha la tabaccheria, Lucia con profumeria ed edicola, Giorgio che ha il bar. "La notte si sta in macchina e poi ci si mette al lavoro. Siamo stati i primi, ad aprire i negozi. Bisogna fare capire che non dobbiamo stare fermi. Io cerco di dare una mano ai figli. Qui in Abruzzo si diceva: "le lacrime per i morti sono lacrime perse". Lo dicevano i nostri vecchi per farsi coraggio dopo le guerre e le pestilenze. Ma io guardo sul giornale le facce di tutti quei giovani morti e mi viene da piangere. L'altra sera ero qui fuori, quando è arrivata la seconda grande scossa. Il terremoto è una serpe che cammina sottoterra, mi sembrava di sentirla sotto i piedi". Le tendopoli sono diventate il refettorio di tutti. "Anche noi andiamo lì. La casa non è agibile e comunque non c'è il gas: non puoi cucinare niente. Ci sono dei volontari del Friuli che sono cuochi bravissimi. Oggi ci hanno dato pasta asciutta e salsicce ai ferri".

Ha accettato una camera in un hotel di Giulianova, il signor Alfredo Cordeschi, 69 anni. "Ma ogni mattina torno qui, a vedere la mia casa. Vede, noi terremotati siamo trattati anche troppo bene. In albergo ci servono come i clienti normali e la gente ci è vicina. Stamattina mi sono fermato in un forno di Giulianova per comprare delle focacce da portare qui, agli amici terremotati come me. Quando ho tirato fuori i soldi la fornaia mi ha detto: "Siamo a posto così. Le porti su in fretta, che arrivano calde". Ma ogni volta che guardo la mia casa distrutta mi sento male. Non penso ad altro. Mi dico: dai Alfredo, con i pochi risparmi potrai comprarti una roulottina... E mi viene da piangere. E' terribile sapere che non potrai mai più dormire nella tua casa".

(10 aprile 2009)

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