dal sito le scienze blog
No, le Università non diventeranno società per azioni. Era solo un artificio retorico che stava bene nel titolo. E che serve a spiegare una delle ragioni per cui professori e studenti delle università italiane non sono proprio contenti della legge 133/08, approvata da quel che avanzava del Parlamento in un bel giorno d’estate, il 6 agosto (essendo i parlamentari dei noti stakanovisti, posso immaginare che ci fosse l’aula di Montecitorio gremita come nei giorni di gloria).
Il 6 agosto, insomma, convertendo in legge un Decreto Legge del 25 giugno, il Parlamento italiano approvava, tra un miliardo di altre cose (qui c’è il link, così vi fate un’idea delle leggine omnibus che vengono approvate in questo paese), la “Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università”. Ovvero la possibilità di privatizzare di fatto le Università statali e, peggio, di condizionarne la funzione e la missione.
Privatizzate? Sì, c’è scritto all’articolo 16, comma 14: “Alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le Università statali in quanto compatibili con il presente articolo e con la natura privatistica delle fondazioni medesime.” Se le fondazioni hanno natura privatistica si deduce che le università statali trasformate in fondazioni avranno natura privatistica. Un sillogismo nemmeno tanto azzardato.
Ma il punto davvero grave del suddetto articolo viene un po’ prima. Ed è sintetizzato dal comma 9: “La gestione economico-finanziaria delle fondazioni universitarie assicura l’equilibrio di bilancio. Il bilancio viene redatto con periodicità annuale. Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l’entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione”.
Anzitutto è contraddittorio in termini, perché da un lato sostiene che il finanziamento pubblico “resta fermo” – e dunque per il sottoscritto inviariato, indipendente dall’entità di altri finanziamenti – e dall’invece mezza riga più in giù dice tutt’altro.
Ma soprattutto è chiaro in un aspetto non banale: i finanziamenti pubblici “a fini perequativi” saranno decisi in base all’entità dei finanziamenti privati.
Vediamo con un esempio qual è il pericolo. Mettiamo di avere una piccola università di provincia, in un capoluogo di centomila abitanti o poco più. Mettiamo che l’economia di quel capoluogo di provincia dipenda in buona parte, direttamente o per l’indotto, dalla presenza di una grande casa farmaceutica. E mettiamo che quella casa farmaceutica abbia interesse ad avere un centro di ricerca a basso costo, magari in outsourcing. La casa farmaceutica – non c’è nessun riferimento, è un gedankenexperiment, come il gatto di Schrödinger – sa che l’università ha bisogno, per il suo bilancio, per la sua gestione, di 100, in unità arbitrarie. E, di suo, decide di metterci 30. Lo stato, “a fini perequativi”, avrà risparmiato un bel 30, e contribuirà per un 70. In virtù della sua generosità, però, un bel giorno di febbraio la casa farmaceutica chiede di potenziare la ricerca su certe molecole di suo interesse, che potrebbero avere importanti ricadute commerciali. In questo modo, essendo diventata un azionista di minoranza dell’ateneo, la vostra casa farmaceutica avrà potere di condizionamento sul 100 per cento delle attività dell’Università. Non perché vorrà che si faccia ricerca al 100 per cento nel suo interesse, ma perché il restante 70, la parte erogata dallo Stato, non basterà più a sostenere nemmeno le attività puramente gestionali per tutti gli altri. Così addio fisica dello stato solido e filologia bizantina.
Lo so, sento già l’obiezione dei sostenitori della legge. È la stessa per ogni legge di questo governo. Quello che ho detto è falso. Ma non l’ho scritta io, la legge, l’hanno scritta loro.
P.S. Un amico, di cui non faccio il nome, mi ha detto che questa bella idea delle fondazioni era già stata proposta e sostenuta da un esponente di maggioranza della scorsa legislatura, un parlamentare del PD. Ecco, così forse capite perché in questo paese faccio una fatica considerevole a sentirmi rappresentato.
domenica 26 ottobre 2008
Università S.p.A., ovvero uno dei pericoli della Legge 133/08
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4 commenti:
Si ma tu veidenzi solo le prati ke ti fanno comodo!!evidenzia anche il fatto kè è una libera scelta del SENATO ACCADEMICO la trasformazione in fondazioni!
Non hai capito una cosa fondamentale. Anche l'ENI o l'ENEL hanno natura privatistica (sono spa) ma svolgono un servizio pubblico.
Le fondazioni potranno essere partecipate da Comuni, o altri enti pubblici. La natura privatistica cambia invero la modalità di gestione. Inoltre è importante dire che le Università che si trasformano in fondazioni acquisiscono la proprietà degli immobili (con ciò potranno ottenere finanziamenti oper la ricerca, garantiti dagli immobili). Idiota, studia! La verità è che non ve la meritate e vi meritate invece di studiare in quei laboratori pubblici di merda!
.... dimenticavo, la subdola idea di citare il parlamentare PD costituisce il filo conduttore storico, ideologico, massimalista e sovversivista dell'arte del buttarla incaciara. Perchè non chiamate Grillo, vi potrebbe dare una manno!
Università SPA? Ve piacerebbe.... scoppiate pe 600 euro al mese in quei laboratori di merda. Cor cazzo che ve diamo i finanziamenti privati. Cercate cercate, quando trovate qualcosa ditecelo e venite a battere cassa.. ciao parassiti!
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