di Roberta Lerici
Di seguito due interviste in cui il prof. Andrea Canevaro, che si è dimesso da consulente del ministro Gelmini per "continuare a stare dalla parte dell'infanzia". Siccome l'handicap non è menzionato nella legge 133, è interessante il secondo articolo "Disabili a scuola ma non in classe" in cui vengono fornite cifre e dati, oltre a sottolieneare ciò che non va nel sistema di sostegno ai disabili nella scuola italiana.
Intervista al Prof. Andrea Canevaro......
Byoblu: «Nella sostanza potresti spiegarci quali sono le linee guida di questo ministero della Gelmini?»
Andrea: «Dunque, Claudio, le linee guida di questo ministero a me sembra che siano soprattutto quelle di cercare di demolire il sistema pubblico scolastico. Questo mi sembra che sia l’elemento principale. Per farlo meglio ci sono anche delle manovre diversive. Si attira l’attenzione di tutta Italia sui grembiulini, sul maestro unico, su cose che sono anche importanti, ma non sono il nocciolo della questione. Il nocciolo della questione è quello per esempio della contrattazione individuale. Ogni scuola può contrattare l’insegnante individualmente. Spariscono i contratti collettivi. Sparisce la rappresentanza sindacale [ndr: anche la lotta alle rappresentanze sindacali era un obiettivo dichiarato della P2], sparisce il sistema pubblico insomma, nella sostanza. Una volta che è demolito, la ricostruzione è complicata, complicata. La demolizione è fatta con queste manovre di distrazione, ed è portata avanti molto rapidamente, ormai è fatta!»
Byoblu: «Qualche giorno fa, tu e il professor Dario Ianes avete dato le dimissioni, corretto?»
Andrea: «Sì, bravo. Io ho avuto, e penso che anche il mio collega Dario, manifestazioni di solidarietà, e in alcune di queste notavo anche un senso di disastro: ‘Siamo arrivati al disastro: anche tu ti dimetti!’. E allora ho voluto precisare, ed esprimo cose che anche il mio collega condivide, dato che ci lega una profonda e fraterna amicizia, che noi abbiamo voluto non tanto dire ‘Non lavoriamo più!’, quanto dire ‘Attenzione: la distanza si allarga tra il sentirsi al servizio di chi cresce e il sentirsi al servizio del Ministro’. E allora se si allarga troppo a un certo punto io devo scegliere. A chi do retta? Io do retta a chi cresce.»
Byoblu: «Andrea, la rete di Byoblu.Com si sta chiedendo se secondo te, dietro al disegno della Gelmini, ci sia solo la necessità di tagliare un settore considerato in perdita, non strategico, o se invece non ci sia un piano volto a indebolire le future generazioni di cittadini individui, rendendoli più ignoranti e quindi controllabili di quanti invece dispongono di strumenti culturali per conoscere, informarsi, giudicare e scegliere. E’ ipotizzabile questo, secondo te?»
Andrea: «Io direi di sì, che questa seconda ipotesi è possibile. Io non conosco personalmente la ministra, ma non credo che sia del tutto consapevole di questo, ma è un indotto. E’ l’indotto che sta dominando, che è quello appunto di avere sudditi docili. Per me è stato rivelatore il Primo Ministro, quando appoggiando la Gelmini, ha parlato anche di un investimento massiccio. Quasi a dire: attenzione, non è che noi non daremo fondi alla scuola, ma investiremo in attrezzature. Avremo lavagne interattive, eccetera. Io dico: son più docili le lavagne interattive che non i docenti che litigano, che hanno bisogno di essere ascoltati, che hanno delle rappresentanze sindacali. Non credo che le lavagne interattive avranno rappresentanze sindacali. E’ sicuramente più semplice il governo delle lavagne interattive. Oltretutto si fa un investimento: qualcuno che produce le lavagne ne esce arricchito. Anni fa c’erano i corsi per gli Insegnanti di Sostegno. Erano affarismo di bassa lega, in confronto era una roba da dilettanti in affari. Si facevano molte furbate. Per esempio, le prove di selezione per entrare costavano anche quelle, e avevano l’abitudine di disporle in modo tale che facevano legna su tre prove se facevano corsi uno vicino all’altro. Tutti correvano, c’era una truppa di persone che correva da un posto all’altro a fare queste prove, pagava la tassa per la prova, e la pagava tre volte. Ma questo, appunto, era un mercato da poveracci. Adesso passiamo a un mercato un po’ più consistente, perchè le lavagne interattive tra qualche anno avran bisogno di essere sostituite da trovate molto più efficienti. Quindi si ricomincia daccapo.»....
http://www.byoblu.com/820097af-fcc7-48e2-b077-9a19602ea50e/post.aspx
Byoblu: «Nella sostanza potresti spiegarci quali sono le linee guida di questo ministero della Gelmini?»
Andrea: «Dunque, Claudio, le linee guida di questo ministero a me sembra che siano soprattutto quelle di cercare di demolire il sistema pubblico scolastico. Questo mi sembra che sia l’elemento principale. Per farlo meglio ci sono anche delle manovre diversive. Si attira l’attenzione di tutta Italia sui grembiulini, sul maestro unico, su cose che sono anche importanti, ma non sono il nocciolo della questione. Il nocciolo della questione è quello per esempio della contrattazione individuale. Ogni scuola può contrattare l’insegnante individualmente. Spariscono i contratti collettivi. Sparisce la rappresentanza sindacale [ndr: anche la lotta alle rappresentanze sindacali era un obiettivo dichiarato della P2], sparisce il sistema pubblico insomma, nella sostanza. Una volta che è demolito, la ricostruzione è complicata, complicata. La demolizione è fatta con queste manovre di distrazione, ed è portata avanti molto rapidamente, ormai è fatta!»
Byoblu: «Qualche giorno fa, tu e il professor Dario Ianes avete dato le dimissioni, corretto?»
Andrea: «Sì, bravo. Io ho avuto, e penso che anche il mio collega Dario, manifestazioni di solidarietà, e in alcune di queste notavo anche un senso di disastro: ‘Siamo arrivati al disastro: anche tu ti dimetti!’. E allora ho voluto precisare, ed esprimo cose che anche il mio collega condivide, dato che ci lega una profonda e fraterna amicizia, che noi abbiamo voluto non tanto dire ‘Non lavoriamo più!’, quanto dire ‘Attenzione: la distanza si allarga tra il sentirsi al servizio di chi cresce e il sentirsi al servizio del Ministro’. E allora se si allarga troppo a un certo punto io devo scegliere. A chi do retta? Io do retta a chi cresce.»
Byoblu: «Andrea, la rete di Byoblu.Com si sta chiedendo se secondo te, dietro al disegno della Gelmini, ci sia solo la necessità di tagliare un settore considerato in perdita, non strategico, o se invece non ci sia un piano volto a indebolire le future generazioni di cittadini individui, rendendoli più ignoranti e quindi controllabili di quanti invece dispongono di strumenti culturali per conoscere, informarsi, giudicare e scegliere. E’ ipotizzabile questo, secondo te?»
Andrea: «Io direi di sì, che questa seconda ipotesi è possibile. Io non conosco personalmente la ministra, ma non credo che sia del tutto consapevole di questo, ma è un indotto. E’ l’indotto che sta dominando, che è quello appunto di avere sudditi docili. Per me è stato rivelatore il Primo Ministro, quando appoggiando la Gelmini, ha parlato anche di un investimento massiccio. Quasi a dire: attenzione, non è che noi non daremo fondi alla scuola, ma investiremo in attrezzature. Avremo lavagne interattive, eccetera. Io dico: son più docili le lavagne interattive che non i docenti che litigano, che hanno bisogno di essere ascoltati, che hanno delle rappresentanze sindacali. Non credo che le lavagne interattive avranno rappresentanze sindacali. E’ sicuramente più semplice il governo delle lavagne interattive. Oltretutto si fa un investimento: qualcuno che produce le lavagne ne esce arricchito. Anni fa c’erano i corsi per gli Insegnanti di Sostegno. Erano affarismo di bassa lega, in confronto era una roba da dilettanti in affari. Si facevano molte furbate. Per esempio, le prove di selezione per entrare costavano anche quelle, e avevano l’abitudine di disporle in modo tale che facevano legna su tre prove se facevano corsi uno vicino all’altro. Tutti correvano, c’era una truppa di persone che correva da un posto all’altro a fare queste prove, pagava la tassa per la prova, e la pagava tre volte. Ma questo, appunto, era un mercato da poveracci. Adesso passiamo a un mercato un po’ più consistente, perchè le lavagne interattive tra qualche anno avran bisogno di essere sostituite da trovate molto più efficienti. Quindi si ricomincia daccapo.»....
http://www.byoblu.com/820097af-fcc7-48e2-b077-9a19602ea50e/post.aspx
Prof: Entrano nel sostegno, poi passano alla propria materia. E manca la continuità didatticaDisabili a scuola, ma non in classe Più della metà vengono tenuti a lungo fuori dalle aule. 164 mila studenti, con 93 mila insegnanti di sostegno
Diciamolo subito, a scanso di equivoci: nel tanto vituperato decreto Gelmini, l’integrazione scolastica delle disabilità non viene neanche nominata. Eppure in piazza, venerdì a Roma, c’erano anche loro. Insegnanti di sostegno, associazioni di genitori. A manifestare contro la riforma, ma soprattutto contro un ministero che, di nuovo, sembra essersi dimenticato di quello che un tempo era il vanto dell’istruzione italiana. E che invece si ritrova ormai da anni ad annaspare tra fondi che vengono tagliati o che proprio non ci sono mai stati, percorsi di formazione a dir poco tortuosi, furberie e inanità
L’allarme in cifre Nelle «disposizioni urgenti in materia di istruzione e università » non c’è dunque traccia di handicap, sostegno, formazione. Forse perché, per Viale Trastevere, l’integrazione delle disabilità non è un’urgenza. Eppure: 164.392 alunni, su 4 ordini di scuola statale. Oltre 53mila insegnanti in organico a tempo indeterminato (a cui vanno aggiunti circa 40mila precari). E il quadro si complica se, a quel 2-3% di ragazzi «ufficialmente» certificati dalle Asl, si unisce — dati del Centro Studi Erickson (http://www.erickson.it/) — un altro 15-20% con difficoltà educative, apprenditive, di comportamento e relazione. Fenomeni in crescita, dicono gli esperti. A luglio, ilministero ha emesso una direttiva — la 69 — in cui, per le «iniziative di potenziamento e di qualificazione dell’offerta formativa di integrazione» degli alunni con handicap, sono stanziati 10.500.000 euro. Che, calcolatrice alla mano, fanno meno di 64 euro ad alunno e poco più di 196 a docente. C’è da aggiungere la scure abbattutasi sui costi scolastici: -7.832 milioni di euro, tra 2009 e 2012. Nessun taglio ai posti di sostegno, giurano dal ministero. Però: maestro unico, in classi che hanno fino a 29 ragazzi, contro i 25 di qualche anno fa (e senza più «sdoppiamento » automatico in presenza di disabili). Riduzione del personale ausiliario, e a volte sono proprio loro, ad esempio, che portano in bagno il bimbo in sedia a rotelle. Monte ore che si assottiglia, alle elementari, quando per molte famiglie con figli «speciali» la scuola è il solo porto sicuro.
Integrazione mancata Non è solo una tendenza del governo attuale. Lo stesso Fioroni, per dire, subì pesanti contestazioni; e fu la finanziaria 2008 a introdurre il rapporto medio nazionale di un posto di sostegno ogni 2 disabili, a prescindere dall’handicap. «Quel che ha fatto il governo Prodi è un abominio: determinare l’organico in base a un puro rapporto numerico. La Gelmini si è trovata il taglio pronto su un piatto d’argento ». Non usa la mano leggera, Antonio Nocchetti. Medico, due figlie («non disabili»), è il presidente di Tuttiascuola (http://www.tuttiascuola.org/), associazione napoletana di genitori di ragazzi con handicap. «Dobbiamo avere il coraggio di dire la verità: la politica non è più in grado di sopportare i disabili nelle scuole pubbliche, perché sono diventati un costo inaccettabile ». «La nostra integrazione scolastica ha tanti anni, ma ho paura che oggi venga data per scontata. Mentre all’estero stanno lottando per averla — in Europa, solo Grecia e Portogallo sono schierati sull’inclusione, gli altri hanno sistemi misti con scuole e classi speciali —, da noi c’è un impoverimento del sentire che l’alunno con disabilità è parte integrale e integrata della classe». A parlare è Dario Ianes, pedagogista all’università di Bolzano, fondatore e condirettore del Centro Studi Erickson. «Inserimento », «socializzazione»: dalla 118/1971 alla 104/1992, «la legge dice esplicitamente che il sostegno si fa "alla classe". Le risorse aggiuntive sono ben date se vanno alla collettività, non è che appiccichi un insegnante al disabile e lo mandi in un’altra aula...». E invece, «una ricerca di prossima pubblicazione, realizzata con Andrea Canevaro dell’Alma Mater e Luigi D’Alonzo della Cattolica, ha rivelato che il bimbo disabile passa molto tempo fuori dalla classe: solo uno su 2, alle superiori, è sempre "dentro". Alle materne ben il 35% sta "un po’ dentro un po’ fuori", una quota che sale al 60% alla primaria, al 69% alle medie. Sono medie e superiori, oggi, la nuova frontiera».
Non solo numeri «L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di toglierseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati». Lo scrivevano, più di 40 anni fa, gli alunni di don Lorenzo Milani, in Lettera a una professoressa. Parlavano dei loro coetanei «difficili», espulsi dalle scuole «dei ricchi». Ma la riflessione si adatta anche a quei bambini «diversi» che la scuola, spesso, non sa più accogliere, perché le mancano gli strumenti per farlo. Come, ad esempio, un numero sufficiente di docenti specializzati e in organico a tempo indeterminato (non supplenti «in deroga»), per garantire continuità a studenti già di per sé fragili. «Di solito si entra nel sostegno per poi passare sulla propria materia— ammette Gabriella Villanis, che insegna in una media di Napoli —. Io però ho fatto l’inverso: sono entrata con un concorso a cattedre per matematica e scienze, mi sono appassionata, eccomi qua». Da vent’anni a tu per tu con la disabilità. Quasi una mosca bianca: perché, spiega Ianes, «il livello di cambiamento e precarietà è molto più alto nel sostegno che in altre classi di concorso. Per contro, più hai un corpo docente stabile, meno ore di sostegno vengono richieste. Basterebbe una metodologia didattica più cooperativa, avanzata...». E qui entra in gioco un altro problema: la formazione. Ianes scuote la testa, «sono presidente del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, ma noi stessi non sappiamo ancora che percorso debbano seguire gli studenti». Il punto è che sì, «c’è un titolo che si ottiene con 400 ore di specializzazione, ma dato che di docenti formati non ce n’è abbastanza, si prende chi capita». E la formazione in itinere? «L’aggiornamento, oggi, non è obbligatorio né retribuito», spiega lapidaria la Villanis. L’unica indagine nazionale sul tema, realizzata dall’Invalsi nel 2005-2006, rivela dati sconcertanti: quasi un istituto statale su 3 non ha docenti curricolari con formazione sulla disabilità. Nelle private, si sale al 68%. Con buona pace del lavoro di squadra. Soldi che non ci sono, numeri che non tornano: come quelli del monte ore di sostegno, «sempre troppo poche—sospira la prof —. Allora si fa richiesta di integrazione, che a volte viene soddisfatta, altre no. E i genitori, disperati, fanno causa». Ne sa qualcosa Nocchetti, che con la sua associazione ha portato 280 casi davanti al Tar: tutti vinti. Perché «è vero che il bambino disabile va preso in carica da tutto il team. Ma la situazione è tale che l’unico modo per arginare la falla è mettere le mani sugli insegnanti di sostegno ». Il 5 ottobre, Ianes e Canevaro hanno lasciato l’Osservatorio ministeriale sull’integrazione: «Questa nuova politica scolastica fatta di tagli, economie presunte (...)—si legge nella lettera di dimissioni — produce in tutti ulteriore insicurezza, diffidenza e conflitti». «Nella scuola italiana — chiude Nocchetti — ci sono ormai 600mila bimbi migranti, che sommmati ai disabili fanno quasi 800mila bambini. E i fondi? E la formazione? Altrimenti, trovino il coraggio di ammetterlo: la scuola pubblica deve diventare il ricettacolo dei paria ».
Gabriela Jacomella20 ottobre 2008 prof: Entrano nel sostegno, poi passano alla propria materia. E manca la continuità didatticaDisabili a scuola, ma non in classe Più della metà vengono tenuti a lungo fuori dalle aule. 164 mila studenti, con 93 mila insegnanti di sostegno
Diciamolo subito, a scanso di equivoci: nel tanto vituperato decreto Gelmini, l’integrazione scolastica delle disabilità non viene neanche nominata. Eppure in piazza, venerdì a Roma, c’erano anche loro. Insegnanti di sostegno, associazioni di genitori. A manifestare contro la riforma, ma soprattutto contro un ministero che, di nuovo, sembra essersi dimenticato di quello che un tempo era il vanto dell’istruzione italiana. E che invece si ritrova ormai da anni ad annaspare tra fondi che vengono tagliati o che proprio non ci sono mai stati, percorsi di formazione a dir poco tortuosi, furberie e inanità
L’allarme in cifre Nelle «disposizioni urgenti in materia di istruzione e università » non c’è dunque traccia di handicap, sostegno, formazione. Forse perché, per Viale Trastevere, l’integrazione delle disabilità non è un’urgenza. Eppure: 164.392 alunni, su 4 ordini di scuola statale. Oltre 53mila insegnanti in organico a tempo indeterminato (a cui vanno aggiunti circa 40mila precari). E il quadro si complica se, a quel 2-3% di ragazzi «ufficialmente» certificati dalle Asl, si unisce — dati del Centro Studi Erickson (http://www.erickson.it/) — un altro 15-20% con difficoltà educative, apprenditive, di comportamento e relazione. Fenomeni in crescita, dicono gli esperti. A luglio, ilministero ha emesso una direttiva — la 69 — in cui, per le «iniziative di potenziamento e di qualificazione dell’offerta formativa di integrazione» degli alunni con handicap, sono stanziati 10.500.000 euro. Che, calcolatrice alla mano, fanno meno di 64 euro ad alunno e poco più di 196 a docente. C’è da aggiungere la scure abbattutasi sui costi scolastici: -7.832 milioni di euro, tra 2009 e 2012. Nessun taglio ai posti di sostegno, giurano dal ministero. Però: maestro unico, in classi che hanno fino a 29 ragazzi, contro i 25 di qualche anno fa (e senza più «sdoppiamento » automatico in presenza di disabili). Riduzione del personale ausiliario, e a volte sono proprio loro, ad esempio, che portano in bagno il bimbo in sedia a rotelle. Monte ore che si assottiglia, alle elementari, quando per molte famiglie con figli «speciali» la scuola è il solo porto sicuro.
Integrazione mancata Non è solo una tendenza del governo attuale. Lo stesso Fioroni, per dire, subì pesanti contestazioni; e fu la finanziaria 2008 a introdurre il rapporto medio nazionale di un posto di sostegno ogni 2 disabili, a prescindere dall’handicap. «Quel che ha fatto il governo Prodi è un abominio: determinare l’organico in base a un puro rapporto numerico. La Gelmini si è trovata il taglio pronto su un piatto d’argento ». Non usa la mano leggera, Antonio Nocchetti. Medico, due figlie («non disabili»), è il presidente di Tuttiascuola (http://www.tuttiascuola.org/), associazione napoletana di genitori di ragazzi con handicap. «Dobbiamo avere il coraggio di dire la verità: la politica non è più in grado di sopportare i disabili nelle scuole pubbliche, perché sono diventati un costo inaccettabile ». «La nostra integrazione scolastica ha tanti anni, ma ho paura che oggi venga data per scontata. Mentre all’estero stanno lottando per averla — in Europa, solo Grecia e Portogallo sono schierati sull’inclusione, gli altri hanno sistemi misti con scuole e classi speciali —, da noi c’è un impoverimento del sentire che l’alunno con disabilità è parte integrale e integrata della classe». A parlare è Dario Ianes, pedagogista all’università di Bolzano, fondatore e condirettore del Centro Studi Erickson. «Inserimento », «socializzazione»: dalla 118/1971 alla 104/1992, «la legge dice esplicitamente che il sostegno si fa "alla classe". Le risorse aggiuntive sono ben date se vanno alla collettività, non è che appiccichi un insegnante al disabile e lo mandi in un’altra aula...». E invece, «una ricerca di prossima pubblicazione, realizzata con Andrea Canevaro dell’Alma Mater e Luigi D’Alonzo della Cattolica, ha rivelato che il bimbo disabile passa molto tempo fuori dalla classe: solo uno su 2, alle superiori, è sempre "dentro". Alle materne ben il 35% sta "un po’ dentro un po’ fuori", una quota che sale al 60% alla primaria, al 69% alle medie. Sono medie e superiori, oggi, la nuova frontiera».
Non solo numeri «L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di toglierseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati». Lo scrivevano, più di 40 anni fa, gli alunni di don Lorenzo Milani, in Lettera a una professoressa. Parlavano dei loro coetanei «difficili», espulsi dalle scuole «dei ricchi». Ma la riflessione si adatta anche a quei bambini «diversi» che la scuola, spesso, non sa più accogliere, perché le mancano gli strumenti per farlo. Come, ad esempio, un numero sufficiente di docenti specializzati e in organico a tempo indeterminato (non supplenti «in deroga»), per garantire continuità a studenti già di per sé fragili. «Di solito si entra nel sostegno per poi passare sulla propria materia— ammette Gabriella Villanis, che insegna in una media di Napoli —. Io però ho fatto l’inverso: sono entrata con un concorso a cattedre per matematica e scienze, mi sono appassionata, eccomi qua». Da vent’anni a tu per tu con la disabilità. Quasi una mosca bianca: perché, spiega Ianes, «il livello di cambiamento e precarietà è molto più alto nel sostegno che in altre classi di concorso. Per contro, più hai un corpo docente stabile, meno ore di sostegno vengono richieste. Basterebbe una metodologia didattica più cooperativa, avanzata...». E qui entra in gioco un altro problema: la formazione. Ianes scuote la testa, «sono presidente del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, ma noi stessi non sappiamo ancora che percorso debbano seguire gli studenti». Il punto è che sì, «c’è un titolo che si ottiene con 400 ore di specializzazione, ma dato che di docenti formati non ce n’è abbastanza, si prende chi capita». E la formazione in itinere? «L’aggiornamento, oggi, non è obbligatorio né retribuito», spiega lapidaria la Villanis. L’unica indagine nazionale sul tema, realizzata dall’Invalsi nel 2005-2006, rivela dati sconcertanti: quasi un istituto statale su 3 non ha docenti curricolari con formazione sulla disabilità. Nelle private, si sale al 68%. Con buona pace del lavoro di squadra. Soldi che non ci sono, numeri che non tornano: come quelli del monte ore di sostegno, «sempre troppo poche—sospira la prof —. Allora si fa richiesta di integrazione, che a volte viene soddisfatta, altre no. E i genitori, disperati, fanno causa». Ne sa qualcosa Nocchetti, che con la sua associazione ha portato 280 casi davanti al Tar: tutti vinti. Perché «è vero che il bambino disabile va preso in carica da tutto il team. Ma la situazione è tale che l’unico modo per arginare la falla è mettere le mani sugli insegnanti di sostegno ». Il 5 ottobre, Ianes e Canevaro hanno lasciato l’Osservatorio ministeriale sull’integrazione: «Questa nuova politica scolastica fatta di tagli, economie presunte (...)—si legge nella lettera di dimissioni — produce in tutti ulteriore insicurezza, diffidenza e conflitti». «Nella scuola italiana — chiude Nocchetti — ci sono ormai 600mila bimbi migranti, che sommmati ai disabili fanno quasi 800mila bambini. E i fondi? E la formazione? Altrimenti, trovino il coraggio di ammetterlo: la scuola pubblica deve diventare il ricettacolo dei paria ».
Gabriela JacomellaCorriere della Sera 20 ottobre 2008
7 commenti:
Ma sei deficente? Chi si leggerebbe quella spatafiata inutile???
Infatti...nessun commento
Io invece l'ho letta per intero ed è stata "rassicurante", nel senso che se due professori come Canevaro e Ianes si sono dimessi, allora vuol dire che non c'è proprio niente di buono in questo DECRETO (non riforma). Inoltre le parole di questi due professori sono state molto chiare e comprensibili da tutti. Comunque ognuno può scrivere e pensare ciò vuole.
Valentina
HO LETTO IL DECRETO, OGGI LEGGE! COSTRUITO DA CHI NON SA NULLA DI SCUOLA, DI SOSTEGNO (SONO DOCENTE DI SOSTEGNO DI RUOLO NELLA SC. PRIMARIA...E ME NE VANTO!)DI TEMPO SCUOLA, DI BAMBINI, DI FAMIGLIE E DI STRANIERI DI PRIMA IMMIGRAZIONE...MI DOMANDO: PERCHE'? PERCHE' CHIUNQUE ARRIVA SI ACCANISCE SULLA SCUOLA? D SICURO UN POPOLO IGNORANTE E' PIU' CONTROLLABILE E PUO' ESSERE SOTTOMESSO...MA ALLORA IL FUTURO DEL NOSTRO BEL PAESE SARA' COMPROMESSO. POCHI ANDRANNO AVANTI, ANCHE SE IGNORANTI COMPRERANNO CON IL DENARO LA LORO ISTRUZIONE E FARANNO PIU' DANNI DI UNA GRANDINATA ESTIVA. CI DEVE ESSERE UN MODO PER MODIFICARE LA SITUAZIONE E DOBBIAMO TROVARLO, NE VA DEL NOSTRO FUTURO E DELLA DEMOCRAZIA, CONQUISTATA NEGLI ANNI QUARANTA CON TANTO DOLORE, DISTRUZIONE E MORTE. GRAZIE
E' vero ,si era parlato tanto di integrazione nelle scuole, dei bambini portatori di handicap, che oggi per contribuire a risanare l' Italia il nostro ministo gelmini (si lei come mio figlio)si è preservata il diritto di dimenticarsi almeno di nominare la cattegoria dei disabili,che sicuramente valgono molto,ma molto più di lei.
una mamma aguerrita
ho letto il decreto e credo che il maestro unico alla ns vecchia/precedente generazione non ha fatto male! anzi, io trovavo + riferimenti nella maestra che in casa. Riguardo i disabili, invece, nessuno ne parla, né lo esamina per come dev'essere. Stiamo nella c... già da tempo e, come tutti dicono, la Gelmini non se li è filati affatto. E infine in classe eracamo 28!
tutto questo tornare indietro e smettere di comprare i libri ogni anno o semestre non mi sembra così tanto negativo!
Ecco cosa penso: LA DIVERSITA' E' UNA RICCHEZZA!!! Non si può immaginare una scuola senza alunni disabili.Se loro hanno bisogno di integrarsi nella classe, a loro volta i cosiddetti "normodotati" hanno bisogno di integrarsi nel mondo e lo possono fare solo cofrontandosi con la diversità.
E' ridicolo che passi una legge per la scuola che non affronti l'aspetto della disabilità, significa non considerare tanti ragazzi e tante famiglie che combattono quotidianamente per dei diritti sacrosanti!!
Giulia una mamma
per Anonimo ...
Non si mette in discussione TUTTO, a prescindere (per lo meno io e penso tanti altri ...).
Sono daccordo ad esempio con grembiule, voto in condotta, libri di testo (con qualche riserva ... teniamo aperti gli occhi sugli "editori"), educazione civica obbligatoria ... Ma ce ne sono tanti altri di punti su cui porre l'attenzione.
Ad esempio per il maestro unico, anche io l'ho avuto e non cambierei quella fantastica esperienza per nulla al mondo (sarò stato anche fortunato). Ma oggi i tempi sono cambiati, l'inglese e un minimo di informatica DEVONO essere insegnati fin da subito. Se l'introduzione del maestro unico coincidesse con il "liberare" persone per poter ad esempio al pomeriggio continuare con didattiche mirate (inglese e informatica) non direi nulla, ma non è così. 25 ore settimanali, non di più, ed eventuali estensioni dipendono dalle risorse (che notoriamente non ci sono). Conosco gente che sta cominciando ad organizzarsi per "pagare" una insegnante per tenere i bambini al pomeriggio ... ma vi sembra normale ???
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