martedì 21 luglio 2009

Tagli, lo spettacolo protesta con il lutto

Tagli, lo spettacolo protesta con il lutto





Palloncini neri alla manifestazione bipartisan
MARIA CORBI
ROMA
Palloncini neri, fasce nere al braccio, lo spettacolo italiano scende in piazza in lutto per i tagli al fondo dello spettacolo. «Ci condannate a morte», gridano registi attori, sceneggiatori, coreografi, musicisti davanti a piazza Montecitorio. Sono in tanti ma non sono comunque la folla che i tempi grami imporrebbero. Chiedono ossigeno per la loro arte e le dimissioni del ministro Bondi che ha tradito la promessa fatta davanti al capo dello Stato di reintegrare parte dei fondi tagliati. E invece non si è vista neanche una lira. E allora tutti in piazza nonostante i 40 gradi. Ci sono i padri nobili del Cinema italiano come Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Ettore Scola, Citto Maselli fino ai volti giovani delle fiction tv. Ci sono Nanni Moretti, Ricky Tognazzi, ma anche Silvio Orlando, Mariangela Melato, Carlo Verdone, i fratelli Vanzina. «Mi sarei aspettato più persone», dice Tognazzi guardandosi intorno, «ma certo il caldo, il periodo, l’ora, non aiutano». Nino Russo, dell’Anac (associazione cineasti) invoca coesione di tutto il settore (oltre 200 mila lavoratori) e la lotta dura fino al blocco del festival di Venezia. La folla applaude ma non tutti sono d’accordo come Carlo Verdone che dice: «Mi sembra autolesionista boicottare l’unica vetrina del cinema italiano, io userei quel palcoscenico per far conoscere al mondo le nostre ragioni e quello che accade in Italia». Con lui anche Luca Zingaretti: «E’ stato fatto tanto tempo fa e anche allora fu proprio dannoso. Venezia è un nostro patrimonio, non appartiene alla controparte».

Che il momento sia epico per il settore lo si capisce da quello che accade quando sale sul palco improvvisato Luca Barbareschi, considerato dal mondo dello spettacolo radical chic un traditore, transfuga nelle fila della destra. Prima lo fischiano poi (non prima che Barbareschi urli «allora siete dei fascisti» alla platea) lo applaudono quando dice che «bisogna fare sciopero per quattro mesi non solo un giorno, il lunedì, giorno di pausa degli attori. Altrimenti - spiega - avremo solo diritto al mugugno». Ma, avverte Barbareschi, dobbiamo batterci per riformare anche l’etica. «Ci sono teatri, imprenditori, al limite della truffa. E’ difficile fare una battaglia quando per anni ci sono stati produttori che hanno rubato soldi allo Stato». Accanto a lui anche Gabriella Carlucci nella versione «di lotta e di Governo». Con il Governo ma contro i tagli del Fus. E che la marcia per riavere il Fondo sia accidentata lo si capisce quando il microfono lo prende lo sceneggiatore Andrea Purgatori di ritorno da un incontro con Gianni Letta: «Non abbiamo buone notizie ne in verità ci speravamo molto. Per ora non sembra esserci via d’uscita al reintegro del Fondo Unico per lo Spettacolo da parte del Governo e dobbiamo quindi attrezzarci ad altre forme di lotta e di protesta».

Ad ascoltare, tutti gli ex responsabili della cultura di sinistra dal veltroniano Gianni Borgna, all’inventore delle estati romane Nicolini, a Giovanna Melandri. Vincenzo Vita, vicepresidente della commissione cultura propone un’iniziativa parlamentare comune di maggioranza e opposizione per ripristinare le risorse finalizzate a tenere in vita il mondo della cultura e dello spettacolo». E Giovanna Melandri fa sapere che «nei giorni scorsi» hanno «presentato un emendamento alla Camera che consentisse di correggere in tal senso il decreto fiscale». «Il governo non faccia orecchie da mercante», aggiunge la Melandri, «e accolga le richieste avanzate dal mondo dello spettacolo e fatta proprie da molti parlamentari dei due schieramenti».
la stampa 21 luglio 2009

Nessun commento: