Esce in Italia il 14 luglio, in America è già diventato un caso. Sotto accusa il fondatore del social network più famoso nel mondo. Presto diventerà un film con David Fincher, diretto da Kevin Spacey
di ANGELO AQUARO
Ben Mezrich
Sesso, denaro e tradimenti un libro fa tremare Facebook
Sesso, bugie e Facebook. L'uomo che sta facendo tremare il social network più famoso del mondo ha la faccia di un ragazzone, i capelli biondi impomatati, l'occhialino che fa intellettuale e un contratto da un milione di dollari. Ma non fidatevi delle apparenze: Ben Mezrich, 40 anni, da Boston, laurea ad Harvard e una decina di bestseller, è un mostro. E non solo di bravura. Sarah Lacy del Washington Post: "La sua deontologia è disgustosa". Brad Stone del New York Times: "Sotto una patina romanzesca maschera la completa insulsaggine del suo reportage". Eppure il suo libro, "The Accidental Billionaires", 227 pagine in uscita il 14 luglio negli Usa per Doubleday, è un successo annunciato. Non bastava il sottotitolo: "La nascita di Facebook: una storia di sesso, denaro, genio e tradimento". Ci s'è messo pure Kevin Spacey: "Forse pensavate di conoscere la storia di Facebook, ma non potete mai aver sentito questa storia". Un vero e proprio lancio per il libro già pronto a diventare film prodotto dallo stesso Spacey e diretto dal David Fincher di "Fight Club" e "Benjamin Button".
D'accordo: la storia dei ragazzini di Harvard, Mark Zuckerberg in testa, diventati miliardari con quel software che, all'inizio, serviva come collante della comunità studentesca, è stranota. Ma allora cos'è che sta facendo arrabbiare i Facebook boys? Sentite come Mezrich racconta la nascita del network a cui duecento milioni di persone nel mondo affidano i segreti più intimi e le immagini più care. "Zuckerberg ed Eduardo Saverin, il suo amico, non erano abbastanza cool per stanare le ragazze più carine del campus nella vita reale - ma nel mondo virtuale, beh, lì non c'era nulla in cui non potessero riuscire. Così cominciarono a coltivare l'idea di un sito che raccogliesse tutte le ragazze di Harvard. Usando le doti di hacker, Mark si infiltrò nel sistema dell'università e scaricò le foto di ammissione di tutte le ragazze. Eduardo lo aiutò a costruire un programma che tenesse in ordine le foto rubate: lo chiamarono FaceSmash, e non faceva altro che far comparire due foto di ragazze sullo schermo. Tu cliccavi su una delle immagini, e un complesso algoritmo cominciava a ordinarle in una classifica di attitudine sexy. Nel giro di due ore l'80 per cento della popolazione maschile della scuola aveva votato, mandando in tilt il sistema informatico di Harvard".
Sesso. Ancora sesso. Volevano entrare nel Final Club, l'associazione più esclusiva. Per rubarne i segreti. Zuckerberg era arrivato perfino ad accovacciarsi sotto il divano di una studentessa per riversare sul web il suo incontro clandestino. Nulla li avrebbe fermati. Del resto alla scuola superiore Mark era già finito in una lista dell'Fbi per essersi infiltrato in un sito governativo. Volevano sfuggire alla nomea di nerds, i ragazzi secchioni. E con i primi quattrini "vivevano una vita selvaggia e da re. Una volta si mangiarono un intero koala sullo yacht dell'amministratore delegato di Sun Microsystems".
Ok, direte: c'è n'è abbastanza. E ci sarà anche da ridere, ma la questione negli States sconvolti dalla crisi dei giornali si sta facendo gravissima. Ovvio che i diretti interessati tendano a smosciare: "Ben Mezrich vuole passare alla letteratura come lo Jackie Collins di Silicon Valley" ha ironizzato con l'inglese Observer il portavoce di Facebook, Elliott Schrage. La questione è più complessa. I libri di Mezrich sono pubblicati sotto la dizione non-fiction. Anche "Bringing Down The House", il bestseller precedente, da cui Hollywood ha tratto il filmone "21", era stato presentato come un reportage: la storia degli studenti del Mit che sbancano i casinò di mezzo mondo grazie a un sofisticatissimo sistema matematico applicato al gioco. Peccato che il Boston Globe con una contro-inchiesta abbia praticamente smontato tutto.
E lui, Ben? Forte delle classifiche, e di Hollywood, spiega che stavolta si è limitato a raccogliere il racconto di Eduardo, il compagno d'avventura di Mark. Anche qui: il ragazzo ne ha di risentimento con Zuckerberg, era stato messo alle porte. C'è stata anche una causa, già chiusa, che ora riaprirà sulla scia delle "rivelazioni". Domanda: ma come mai in tutta la ricostruzione la voce mancate è, guarda caso, proprio quella di Zuckerberg? Risposta: "C'era sempre qualcuno che diceva: Mark dovrebbe parlarti, Mark potrebbe chiarirti questo, ma alla fine lui ha deciso di no e ha fatto capire ai suoi collaboratori che era meglio tacessero". Così Mezrich ci ha scritto un romanzo. E l'ha chiamato inchiesta.
D'accordo: la storia dei ragazzini di Harvard, Mark Zuckerberg in testa, diventati miliardari con quel software che, all'inizio, serviva come collante della comunità studentesca, è stranota. Ma allora cos'è che sta facendo arrabbiare i Facebook boys? Sentite come Mezrich racconta la nascita del network a cui duecento milioni di persone nel mondo affidano i segreti più intimi e le immagini più care. "Zuckerberg ed Eduardo Saverin, il suo amico, non erano abbastanza cool per stanare le ragazze più carine del campus nella vita reale - ma nel mondo virtuale, beh, lì non c'era nulla in cui non potessero riuscire. Così cominciarono a coltivare l'idea di un sito che raccogliesse tutte le ragazze di Harvard. Usando le doti di hacker, Mark si infiltrò nel sistema dell'università e scaricò le foto di ammissione di tutte le ragazze. Eduardo lo aiutò a costruire un programma che tenesse in ordine le foto rubate: lo chiamarono FaceSmash, e non faceva altro che far comparire due foto di ragazze sullo schermo. Tu cliccavi su una delle immagini, e un complesso algoritmo cominciava a ordinarle in una classifica di attitudine sexy. Nel giro di due ore l'80 per cento della popolazione maschile della scuola aveva votato, mandando in tilt il sistema informatico di Harvard".
Sesso. Ancora sesso. Volevano entrare nel Final Club, l'associazione più esclusiva. Per rubarne i segreti. Zuckerberg era arrivato perfino ad accovacciarsi sotto il divano di una studentessa per riversare sul web il suo incontro clandestino. Nulla li avrebbe fermati. Del resto alla scuola superiore Mark era già finito in una lista dell'Fbi per essersi infiltrato in un sito governativo. Volevano sfuggire alla nomea di nerds, i ragazzi secchioni. E con i primi quattrini "vivevano una vita selvaggia e da re. Una volta si mangiarono un intero koala sullo yacht dell'amministratore delegato di Sun Microsystems".
Ok, direte: c'è n'è abbastanza. E ci sarà anche da ridere, ma la questione negli States sconvolti dalla crisi dei giornali si sta facendo gravissima. Ovvio che i diretti interessati tendano a smosciare: "Ben Mezrich vuole passare alla letteratura come lo Jackie Collins di Silicon Valley" ha ironizzato con l'inglese Observer il portavoce di Facebook, Elliott Schrage. La questione è più complessa. I libri di Mezrich sono pubblicati sotto la dizione non-fiction. Anche "Bringing Down The House", il bestseller precedente, da cui Hollywood ha tratto il filmone "21", era stato presentato come un reportage: la storia degli studenti del Mit che sbancano i casinò di mezzo mondo grazie a un sofisticatissimo sistema matematico applicato al gioco. Peccato che il Boston Globe con una contro-inchiesta abbia praticamente smontato tutto.
E lui, Ben? Forte delle classifiche, e di Hollywood, spiega che stavolta si è limitato a raccogliere il racconto di Eduardo, il compagno d'avventura di Mark. Anche qui: il ragazzo ne ha di risentimento con Zuckerberg, era stato messo alle porte. C'è stata anche una causa, già chiusa, che ora riaprirà sulla scia delle "rivelazioni". Domanda: ma come mai in tutta la ricostruzione la voce mancate è, guarda caso, proprio quella di Zuckerberg? Risposta: "C'era sempre qualcuno che diceva: Mark dovrebbe parlarti, Mark potrebbe chiarirti questo, ma alla fine lui ha deciso di no e ha fatto capire ai suoi collaboratori che era meglio tacessero". Così Mezrich ci ha scritto un romanzo. E l'ha chiamato inchiesta.
(la repubblica 8 luglio 2009)
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